giovedì 13 agosto 2015
NIETZSCHE E IL BUONISMO DELL'UGUAGLIANZA
Ripropongo questo capitolo di Così parlò Zarathustra (Delle tarantole), nel quale il filosofo fa riferimento agli odiati preti. E' dunque attualissimo dopo i recenti e ripetuti attacchi della chiesa a chi si oppone contro lo "scarico" quotidiano di finti rifugiati di guerra sulle nostre coste. Ma lo ripropongo in quanto e' certamente riferibile anche ai "pvogvessisti" di oggi, dispensatori di uguaglianza e buonismo; progressisti che infatti ho sempre visto come una sorta di luridi preti laici, in quanto anch'essi pieni di dogmi (non religiosi, ma falso ideologici), in quanto anch'essi dispensatori di giustizia assoluta, di fratellanza e di buonismo. Con la sola differenza che i preti "predicano" buonismo con maggiore dolcezza, questi con boria e arroganza. Ma insomma...buona lettura.
Guarda, è questa la caverna della tarantola! Vuoi proprio vederla? Qui pende la sua rete: toccala perchè vibri. Essa viene volenterosa; benvenuta, tarantola! Nero porti sul dorso il tuo segno triangolare; e io so pure che cosa sta nell'anima tua. V'è della vendetta nell'anima tua: ove tu mordi si forma una cancrena nera; con la vendetta lo spirito tuo fa girar l'anima! Così parlo, per similitudine, di voi che fate girar le anime, di voi predicatori dell'uguaglianza! Siete per me tarantole avide di segreta vendetta! Ma io voglio scoprire i vostri nascondigli: perciò vi getto in volto il mio riso che vien dall'alto. Lacero dunque la vostra rete, affinchè il vostro furore v'attiri fuori della vostra caverna di menzogne, e balzi la vendetta vostra, dietro la parola «giustizia». Poichè sia l'uomo redento dalla vendetta: ecco il ponte che conduce per me alle più alte speranze, un arcobaleno dopo lunghi uragani. Ma le tarantole vogliono altrimenti. «Questo appunto è per noi giustizia, che il mondo si riempie delle tempeste della nostra vendetta» – così esse dicono insieme.
«Vendetta noi vogliamo e obbrobio per tutti coloro che non sono eguali a noi» – così giuran le tarantole in cuor loro. E la «volontà dell'uguaglianza» – questo dev'essere d'ora innanzi, sinonimo di virtù, e contro tutto ciò ch'è potente noi vogliamo levare il nostro grido O voi predicatori dell'uguaglianza, la tirannica follia dell'impotenza reclama in voi «uguaglianza»; le vostre più occulte brame tiranniche si mascherano di parole virtuose! Presunzione arcigna, invidia rattenuta, forse la presunzione e l'invidia dei nostri padri: in voi scoppiano come una fiamma, come una follia di vendetta. Ciò che tacque il padre s'esprime nella parola del figlio; e spesso trovai il figlio quale rivelato segreto del padre. Essi somigliano agli entusiasti: ma non è già il cuore che li entusiasma – bensì la vendetta. E quando divengono acuti e freddi, non è lo spirito, ma l'invidia, che li rende freddi e sottili. La loro gelosia li conduce pure sul cammino dei pensatori; e questo è l'indizio della loro gelosia – che sempre vanno troppo lontano: così che la loro stanchezza finisce d'addormentarsi sulla neve. Da tutti i loro lamenti traspare la vendetta, da ogni loro lode il desiderio di recar dolore; ed essere giudici sembra loro una felicità.
Ma questo vi consiglio, amici miei: diffidate di tutti coloro nei quali è potente l'istinto del punire! È gente d'indole e stirpe cattiva: porta sul viso i tratti del carnefice e del segugio. Diffidate di tutti coloro che parlano molto della loro giustizia! In verità alle anime loro non manca soltanto il miele. E quando chiaman sè stessi «i buoni e i giusti» non dimenticate, che per diventar farisei non manca loro che il potere. Amici, io non voglio esser scambiato e confuso con costoro. Vi sono alcuni che predicano la mia dottrina della vita: e sono al tempo stesso predicatori dell'eguaglianza e delle tarantole. Se essi vi parlano in favor della vita, sebbene siano rintanati nella loro caverna, questi ragni velenosi, e appartati dalla vita; è perchè vogliono con ciò recar dolore. Essi vogliono recar dolore a quelli che sono ora potenti: giacchè per costoro il sermone della morte è ancora il più familiare. Fosse altrimenti, le tarantole insegnerebbero altra cosa: esse appunto furono un tempo i migliori calunniatori della vita, e i bruciatori d'eretici. Con questi, predicatori dell'eguaglianza, io non voglio essere confuso e scambiato. Poichè così parla in me la giustizia: «gli uomini non sono eguali».
E nemmeno debbono divenir tali! che cosa sarebbe allora del mio amore per il superuomo, se parlassi diversamente? Su mille ponti e su mille sentieri devono lanciarsi verso l'avvenire, e sempre più ci deve essere fra di loro guerra ed ineguaglianza: così mi fa parlare il mio grande amore! Inventori d'imagini e di spettri, essi devono diventare nelle loro inimicizie, e con le loro imagini e i loro spettri debbono ancora combattere tra di loro la più grande battaglia! Bene e male, ricco e povero, alto e basso, e tutti i nomi dei valori: devono essere armi e segnacoli sfolgoranti per indicar che la vita deve sempre novellamente superare sè stessa! In alto la vita vuol comporsi un edificio con pilastri e gradini: essa vuole scrutare i lontani orizzonti e guardar al di là di bellezze felici – per ciò vuol salire! E perchè ha bisogno d'altezza, le son necessari i gradini, e il contrasto tra i gradini e coloro che li salgono! La vita vuol salire e salendo superare sè stessa. E guardate un po', amici miei! Qui dov'è la caverna della tarantola, s'ergono le rovine d'un antico tempio. Guardate dunque con sguardo illuminato! In verità, colui che riunì qui i suoi pensieri in un edificio di pietra alzato verso l'alto, conosceva il segreto della vita come l'uomo più saggio!
Che nella stessa bellezza sia lotta, e ineguaglianza, e lotta per la potenza e per la superiorità: questo egli c'insegna con la più chiara similitudine. Come le volte e gli archi s'incurvano divinamente nella lotta a corpo a corpo: come combattono fra di loro con luce e tenebre, i divini lottatori!... Così, sicuri e belli, fate che noi pure siamo nemici, o amici! Divinamente noi vogliamo lottare l'un contro l'altro!... Ma ecco che mi morse la tarantola, la mia antica nemica! Con sicurezza e bellezza divina mi morse nel dito! «Il castigo e la giustizia devono essere – essa pensa: non invano egli può inneggiare qui all'inimicizia!» Sì, essa s'è vendicata! Ed ora, nella sua vendetta, farà turbinare anche l'anima mia! Ma affinchè in noi turbini, amici, legatemi forte a questa colonna! Preferisco diventare uno stilita, anzi che un vortice di bramosia di vendetta! In verità Zarathustra non è un vento che gira vorticosamente; e sebben danzatore, mai ballerà la tarantella! Così parlò Zarathustra.
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