martedì 17 febbraio 2015

DELLE CHIAIE!
La ballata delle verita' nascoste dietro le incriminazioni di Stefano Delle Chiaie e i camerati di Avanguardia

Svegliati Europa è l’ora di marciar La sovversione in campo a sgominar,
dove è barbarie darem civiltà torna Europa a dominar dove è barbarie darem civiltà torna Europa a dominar.
Alte nel cielo faremo sventolar Le nostre RUNE di AVANGUARDIA NAZIONAL
di fede armati, la folgore in cuor, noi combattiam per la civiltà di fede armati la folgore in cuor, noi combattiam per la civiltà.
Sui monti nel ciel sulle strade sul mar Leviamo nel sole la RUNA ideal Duro sarà il cammino ma con coraggio e con valore scagliamo i nostri cuori nella battaglia ancor.
La pioggia ci bagna, ci arde alto il sol D'inverno il gelo ci morde aspro il cuor, ma saldi nel periglio, vita pro vitam exponimus e la divisa nostra è insegna di valor.
In aspri cimenti le forze tempriam Tra rischi mortali la nostra via seguiam e in faccia al mondo vile splende la RUNA del valor
Avanti AVANGUARDIA per la RIVOLUZION Avanti AVANGUARDIA, avanti avanti ancor.
SI TRASCRIVONO QUI ALCUNI ARTICOLI TRATTI DA "PUBLICONDOR" PER CHI AVRA' LA PAZIENZA DI IMMERGERVISI E LA VOLONTA' DI CAPIRE.
Dopo la sentenza del 5/06/1976, che sancì la condanna ed il conseguente scioglimento di Avanguardia Nazionale, certa stampa attivò, contro gli ex militanti di quel movimento, un rumoroso e persistente meccanismo di diffamazione. Lo scopo fu quello di accrescere ed accreditare, nell'opinione pubblica, la convinzione di una contiguita' tra il vertice di Avanguardia Nazionale ed organismi dello Stato. Che la campagna fosse stata architettata in mala fede, all'esclusivo scopo di compiere un linciaggio morale, troverà conferma nel comportamento postumo di quegli stessi giornalisti che l'avevano realizzata e alimentata. Chiamati a deporre per fornire le prove delle loro affermazioni, ammetteranno di aver scritto soltanto "per sentito dire". Non uno di essi parlerà per conoscenza diretta, né darà il pur minimo riscontro agli episodi che, con tanti particolari e citazioni, avevano per anni divulgato. Un giornalista, in un incontro con un esponente di Avanguardia Nazionale, spiegò: "Sai come scriviamo su di te? Ci arriva una velina, prendiamo qualche notizia di archivio, aggiungiamo un po' di fantasia, ed ecco il pezzo è pronto ". Nel corso del processo per la strage alla stazione di Bologna, nell'udienza del 19/07/1987 fu chiesto, all'autore di numerosi articoli contro Avanguardia Nazionale, quali fossero le sue fonti. Candidamente l'interrogato rispose: " ... Di prima mano ... non ho mai avuto notizie ... ". In una successiva udienza dello stesso giudizio, il 4/11/1987, il presidente della Corte domandò ad un altro giornalista-testimone se possedesse elementi concreti, seri del rapporto tra Avanguardia Nazionale e il Ministero dell'Interno nella persona di Federico Umberto D'Amato. La risposta fu: "Ho detto di no".
Malauguratamente questo costume irresponsabile ed ignobile trovò spazio anche nell'ambito della "destra". Per idiozia o meschino calcolo, furono fatte circolare "voci" calunniose che procurarono, all'interno dell'area, quanto desiderato dai mestatori esterni: la sua frantumazione e la neutralizzazione di chi costituiva un ostacolo all'infiltrazione ed alla provocazione. I medesimi propalatori delle dicerie riveleranno, ai giudici, le ragioni di questo avvelenamento ambientale. Vediamo come testimonieranno alcuni di loro.
" ... Io ho sempre detto quello che era un discorso, non un dogma: era un discorso politico perfettamente assodato su cui non si tornava neanche più, perché tanto era un giudizio politico ... erano voci che giravano nell'ambiente ... ". (Stroppiana - Corte di Assise di Bologna - Ud. 9/11/1987).
" ... In tutti gli anni precedenti tutto quello che era successo era stato sempre addebitato ad Avanguardia Nazionale e ON e quindi a me è stato facile parlare ... non ci voleva molto a dire cose di questo genere ... ". (Naldi - Corte di Assise di Bologna -Ud. 23/11/1987.
" ... In realtà nel nostro ambiente queste voci non venivano comprovate da episodi; erano realmennte delle voci, in senso generico ... " (lncardona - Corte di Assise di Bologna - Ud. 15/11/1987).
" ... Se devo essere sincera di episodi precisi non ne so ... " (Furiozzi - Corte di Assise di Bologna - Ud.25/11/1987).
" ... Sempre voci, non in particolare, erano piuttosto voci generiche... nel contesto dell' ambiente della destra se ne parlava in questi termini di Delle Chiaie ... Il discorso di Delle Chiaie spesso è venuto fuori perché, siccome Delle Chiaie non c'era, spesso faceva comodo dargli delle colpe che non erano sue ... " (Napoli - Corte di Assise di Bologna - Ud. 26/11/1987).
Su questo sfondo, squallido ed appena tratteggiato, furono ridisegnate le aggressioni agli ex militanti di Avanguardia Nazionale: l'omicidio dì Palladino, quello di Pierluigi Pagliai, la pioggia di mandati di cattura del 1982. Fino all'incriminazione per la strage alla stazione di Bologna. Questa ultima accusa presumeva che negli anni 79-80, un certo numero di persone avesse "costituito e promosso e organizzato con ruoli e funzioni diverse un'associazione sovversiva con fini di eversione dell'ordine democratico da conseguire mediante l'organizzazione di attentati ed il loro controllo e la loro gestione politica nell'ambito di un progetto teso al condizionamento degli equilibri politici esistenti. .". Il sodalizio sarebbe stato, sempre secondo l'accusa, composto da Gelli e Pazienza (P2); Musumeci e Belmonte, dirigenti dei servizi; uomini della "destra" extra-parlamentare fra i quali gli ex avanguardisti Tilgher, Giorgi, Ballan e Delle Chiaie. Si sosteneva che Musumeci e Belmonte avevano posto in essere una serie di depistaggi per proteggere i responsabili della strage, indirizzando le indagini verso una "pista internazionale". A questo punto il lettore si aspetterebbe, quale bersaglio della deviazione costruita dai servizi, una lista fatta unicamente con nomi esotici, sconosciuti e, comunque, non italiani. Ed invece no. Già dalla prima informativa, trasmessa immediatamente da Belmonte e Musumeci ai giudici inquirenti, venivano segnalati, come autori della strage, Bragaglia, Delle Chiaie ed un fantomatico gruppo Hoffmann.
Posteriormente, il 9/01/1981, all'aeroporto dI Ciampino, il gen. Musumeci consegnò al generale Notarnicola, capo di un settore del servizio, un appunto. In esso si descriveva un'operazione, programmata per le settimane successive, che prevedeva un trasporto di esplosivi per attentati dinamitardi ai treni. Da questo momento, si moltiplicano le veline, tutte riproducenti lo schema che mette insieme tedeschi, francesi ed italiani. Fissi restano Delle Chiaie e Hoffmann. Il 13/01/1981, su indicazione di Belmonte, è rinvenuta a Bologna, sul treno Taranto-Milano, una valigia contenente armi, giornali stranieri, esplosivo e due biglietti di aereo. Il 7/02/1981 il Sismi individuava in Giorgio Vale, componente dei Nar, colui che aveva acquistato i biglietti ritrovati nella valigia. Il primo obbiettivo della deviazione era raggiunto: il ritiro da parte di Vale dei biglietti e la presenza, nella velina, di Delle Chiaie come organizzatore, dimostravano un legame tra Nar ed Avanguardia Nazionale. Il 24/02/1981, a conferma, il diretto superiore di Musumeci e Belmonte, gen. Santovito, consegnò un rapporto ufficiale ai giudici: Giorgio Vale ha comprato i biglietti; la pista è italo-tedesca; Delle Chiaie è l'organizzatore. I giudici sottoposero al Sismi una serie di quesiti e, tra questi, il seguente: " e' possibile che l'ordigno fatto esplodere a Bologna il 2 agosto 1980 sia stato confezionato dalle stesse persone?". Risposta: "Non si sono potute avere notizie nel senso richiesto. L'opinione della fonte è comunque affermativa anche se del tutto personale". E non poteva essere diversa "l'opinione della fonte", dal momento che proprio l'esplosivo ritrovato nella valigia, appositamente simile a quello usato per la strage, doveva costituire, nelle intenzioni dei depistatori, il riscontro a quella "velina" che, sin dall'inizio, aveva criminalizzato Bragaglia e Delle Chiaie. Ma la sorte non fu generosa con i falsari. Nel corso di un'inchiesta del dottor Sica sull'ammanco, dalle casse del Sismi, della somma di un miliardo e 350 milioni, veniva interrogato il maresciallo Sanapo, comandante della stazione dei carabinieri di Vieste. Sanapo, indagato dal dottor Sica per la scomparsa di 300 milioni che Belmonte aveva detto avergli dato per le informazioni sulla strage, dichiarava di non aver mai ricevuto quella somma e confessava che le notizie contenute nelle informative erano false e gli erano state suggerite dallo stesso Belmonte che, unitamente a Musumeci, aveva ideato e realizzato anche l'operazione della valigia ritrovata a Bologna. Sanapo così riassume l'ordine ricevuto da Belmonte: " ... se ti dovessero chiedere cosa ricordavo del memoriale, fissati in mente questi quattro punti e cioè che in Italia per commettere l'attentato del 2 agosto 1980, erano giunti 4/5 tedeschi del gruppo Hoffmann a bordo di due camper fatti venire da Delle Chiaie e da un eversivo di destra romano a nome Bragaglia e che la fonte mi aveva fornito la notizia dell'operazione "terrore sui treni" (il trasporto della valigia trovata a Bologna n.d.r.)e, per questo, aveva preteso 300 milioni ... ". Quindi, i veri destinatari delle deviazioni erano proprio gli avanguardisti che, con spregiudicata contraddizione e contro ogni logica, venivano invece considerati come solidali dei depistatori. Ma non basta. Dopo le imprese della banda della valigia, fu manipolato un altro teste: Ciolini.
Costui sostanzialmente ricalcherà la stessa trama (Hoffmann etc.) e verrà assunto da uomini del Ministero dell'Interno, Fragranza e Miglione, per un'azione contro Delle Chiaie. Fragranza, per le prestazioni richieste, versò al Ciolini, alla presenza di un magistrato della Repubblica, il dottor Aldo Gentile, un anticipo di ventimila dollari. Questo accadeva parallelamente ad altra identica iniziativa ideata e gestita da Sportelli e Reitani, ambedue ufficiali del Sismi. Dopo queste risultanze, sarebbe stato d'obbligo un proscioglimento del gruppo dell'ex Avanguardia Nazionale. Ma un'ottusa ed inspiegabile volonta persecutoria negò quello che per giustizia era dovuto. Potremmo continuare a raccontare mille altri episodi che si intrecciarono in quest'ennesima deviazione giudiziaria che vedrà, alla fine, Fioravanti e la Mambro come vittime sacrificate all'esigenza di un teorema precostituito e che non doveva né poteva essere smentito in modo definitivo e totale. Si potrebbero enumerare i falsi, le "dimenticanze" di atti a favore degli indagati, le inspiegabili telefonate tra giudici e testi di accusa. Su questo e su altro ci si potrebbe dilungare, se non si corresse il rischio di confondere ancor più le idee di chi deve leggere ed orientarsi nel ginepraio di date e di tenebrose manovre, spesso ostiche anche a quanti sopportarono quelle vicende. Concludiamo, perciò, sull'argomento Avanguardia Nazionale e la sua supposta vicinanza ad organismi dello Stato esprimendo, al riguardo, una considerazione che lasciamo all'intelligenza ed alla riflessione dei lettori di questo Osservatorio. Siamo stati sottoposti ad un'indagine che è durata, con differenti inquirenti, per ben 17 anni. Tribunali e Corti di Assise hanno ascoltato decine di testimoni e praticamente tutti i vertici dei servizi e del Ministero dell'Interno. Non un solo fatto è emerso che potesse, anche da lontano, confermare la calunnia. Anzi, sono state acquisite prove che dimostrano l'esatto contrario. Malgrado ciò, altri "giudici" continuano ad essere posseduti dal vizio di riproporre quella vecchia infamia. Con rinnovata e subdola azione, un ridotto manipolo di essi, spalleggiati da politici e giornalisti, tornano ad iniettare dubbi, insinuare contorte ipotesi, intaccare la credibilità delle sentenze assolutorie. A che si deve questa testarda e reiterata fissazione? Forse al fatto che la nostra "nuova" colpa è proprio quella di essere stati assolti, di aver rotto "il giocattolo" disarticolando quel teorema "storico" sul quale tanto si era lavorato, tramando e falsificando.
La sentenza Salvini, come abbiamo visto, si caratterizza per le numerose forzature che, a loro volta, inducono l'autore a piegare i fatti al teorema prestabilito. Questo si verifica anche nel caso di Guerin Serac, un personaggio al quale viene assegnato un ruolo importante, malgrado su di lui si sia indagato a più riprese senza trovare alcuna conferma di quanto ipotizzato dalle varie accuse o costruito nelle false veline dei servizi. La sua posizione, infatti, è sta passata al setaccio sia nel corso di differenti istruttorie sia nei processi che, dal 1987 al 1991 hanno riguardato la strage di Piazza Fontana. Due sentenze, quella di primo grado del 20/02/1989 e l'altra dell' appello del 5/07/1991, hanno dovuto concludere, dopo un' accurata disamina anche sui rapporti tra Serac e Delle Chiaie, con un' ampia e totale assoluzione.
Si legge, tra l'altro, nella sentenza d'Appello: " Se con riferimento a quanto prospettato nella più volte citata sentenza del 20/03/1981, si voleva l'approfondimento della posizione del Delle Chiaie, - anche, se del caso, con una formale incriminazione per il delitto di strage, onde avere una verifica tranquillizzante della fondatezza o meno dei sospetti accumulatisi sin dall' inizio sul suo conto - questo approfondimento, questa verifica è stata fatta e si conclude con esito negativo, con la conferma integrale dell'impugnata sentenza, che ha verificato, a sua volta, la fondatezza dell' originaria intuizione di quel giudice circa la ipotizzata estraneità del Delle Chiaie ai fatti per cui è processo ." Quindi, vi fu verifica, vi fu approfondimento su tutto e, perciò, anche sulla figura di Guerin Serac. Ciò malgrado, Salvini riutilizza Serac e, anzi, ne accentua il ruolo. E qui non possiamo esimerci dall'uscire un attimo dal tema, per sottolineare lo spregiudicato metodo di alcuni magistrati che pretendono amministrare la Giustizia, applicando due pesi e due misure. E' di questi giorni una serrata polemica scoppiata sulla sentenza Contrada. Gli estimatori ad oltranza (ma lo saranno davvero?) della magistratura hanno duramente rimbeccato quanti hanno osato criticare la Corte giudicante di Palermo. Hanno avvertito che questa difformità attenta all'indipendenza della magistratura e toglie credibilità alla giustizia. Questi concetti sono stati reiterati da molti Pm, compreso il dottor Caselli. Nulla quaestio! Ma perché questo stesso criterio non è adottato quando le sentenze messe in discussione riguardano noi "poveri mortali "? Come nel caso di Salvini, del quale ignoriamo se condivida o meno queste rimostranze di giudici e politici molto prossimi alla sua area ideologica. Perché, insomma, alcune decisioni non sono discutìbili ed altre, invece, addirittura sospettabili? Ma lasciamo queste riflessioni, che non possono certo sollecitare la coerenza di chi ne è sprovvisto, e rientriamo nell'argomento, seguendo un ordine cronologico che introduca nel miglior modo possibile il lettore nel labirinto di un'articolazione "logica", tanto contorta quanto insensata. Che provoca non poca difficoltà a noi stessi ogni qual volta ci accingiamo all'impresa di renderla comprensibile ad altri, costretti a districare i singoli fatti da un groviglio di affermazioni prive di riscontri che si intrecciano, si sovrappongono, si diramano in un contesto oscuro e contraddittorio, costruito appositamente per rendere dIfficoltosa la loro contestazione.
Cominciamo col presentare Guerin Serac. Direttore di un'agenzia di stampa, l'Aginter Press, con sede a Lisbona, partecipò attivamente al movimento militare francese che all'epoca si oppose al generale De Gaulle. Di orientamento cattolico, con una posizione rigidamente anticomunista, aveva anche costituito un gruppo politico, Ordre et Tradition. Intorno al '67, Serac fu presentato al Delle Chiaie con il quale si vide in due occasioni: a Roma e a Baden, Austria, durante un congresso europeo al quale intervennero diverse personalità e fra queste il padre di Giscard D'Estaing e Otto d'Asburgo. Negli incontri, ambedue avvenuti prima del 1969, si discusse unicamente della possibiilità di installare in Italia una agenzia di stampa che potesse intercambiare con l'Aginter Press notizie e collaborazione. La cosa non ebbe seguito per mancanza di mezzi economici. Delle Chiaie non nascose mai di aver conosciuto il Serac e ne fa fede il giornalista Romano Cantore che, il 9 maggio 1976, a proposito di una intervista a Delle Chiaie in Spagna, così dichiara al giudice istruttore Migliaccio: " Ritengo opportuno farle presente che Delle Chiaie, rispondendo a mia domanda, mi disse tranquillamente di conoscere Guerin Serac da epoca anteriore al '69, precisandomi che si trattava del direttore di un'agenzia di stampa di destra e che quindi era logico che lo conoscesse. Mi disse di conoscere anche Robert Leroy... ". Lo stesso Delle Chiaie lo aveva già detto al "Settimanale" che lo pubblicò il 26/05/1976. E' da sottolineare che al momento delle interviste non vi era alcuna documentazione comprovante un contatto tra Serac e Delle Chiaie. Né costui poteva prevedere che nel 1977 sarebbe stata sequestrata una ventiquattro ore nella quale c'era il riscontro di una loro frequentazione collocabile, però, ad un'epoca molto successiva: tra il '74 ed il '75. Dunque, quelli con Serac, prima degli anni settanta, furono due incontri fugaci e privi di "reconditi fini". Lo stesso discorso vale per Leroy. Francese, combattente nella seconda guerra mondiale nelle Waffen SS Charlemagne, Leroy era noto nei circoli nazionalisti per essere sempre presente ai congressi internazionali che si tenevano in Europa. Leroy caldeggiava una intransigente linea antiamericana e per questo affermava l'opportunità di una alleanza anche con la Cina maoista pur di contenere l'espansionismo yankee. In tal senso aveva stabilito numerose relazioni che gli procurarono non poche critiche nell'ambiente nazional-rivoluzionario. I rapporti con Serac, come abbiamo visto quasi inesistenti in quel periodo, e con Leroy, saltuari nei convegni, furono sempre solari e noti a quanti svolgevano attivita politica nell'area. Questa era, sul punto la situazione, quando arrivò la feroce strage del 12/12/1969 a Piazza Fontana. Come tutti sanno, la sera stessa venne fermato Mario Merlino e le indagini furono indirizzate immediatamente verso il gruppo anarchico di Valpreda. La sinistra prese le distanze ed iniziò a parlare di infiltrazione e provocazione. L'intento era chiaro: pur non difendendo direttamente gli anarchici, voleva immediatamente presentarli come manovrati dai fascisti per prevenire, in qualche modo, eventuali tentativi d'implicarla.
Contemporaneamente, il 15/12/1969, un certo Lorenzon riferisce all'avvocato Stoccanella notizie su una presunta attività dinamitarda di tale Ventura e di un possibile suo coinvolgimento nella strage. Il 22/12/1971, in conseguenza delle dichiarazioni del Lorenzon, che avevano fatto aprire un nuovo procedimento, vengono emessi mandati di cattura contro Freda e Ventura. Il 21/03/1972 gli atti venivano rimessi alla Procura della Repubblica di Milano per competenza. Il 15/05/1973, il dottor D'Ambrosio, incaricato dell'istruttoria, fa perquisire il domicilio di Giannettini del quale Lorenzon aveva già parlato precedentemente al giudice istruttore di Treviso. Il 27/11/1973, dopo numerosi tentativi del dottor D'Ambrosio diretti a decifrare le intromissioni del Sid, il maggiore Ruggero Placidi consegna al giudice due appunti, uno datato 16/12/1969 (il giorno dopo, dunque, le confidenze del Lorenzon), presentato come l'originale, e l'altro il 17/12/1969, quale copia del primo. Questo il sommario contenuto: risultava che "una fonte" confidenziale aveva parlato dell'alibi di Merlino Mario indicandolo quale autore degli attentati; il Merlino aveva agito su mandato di Delle Chiaie Stefano che era in contatto con il Serac, mandante ed ideatore; Merlino veniva definito anarchico, mentre del Serac si diceva non essere nota la ideologia; la bomba di Milano aveva provocato vittime perché esplosa "in anticipo" per intervenuti contrattempi.
La seconda informativa, però, differiva da quella del 16/12 in quanto non faceva menzione dell'ideologia anarchica del Merlino e perché esplicitamente precisava che gli ordigni furono fatti esplodere con un congegno a tempo, circostanza, all' epoca, assolutamente ignorata da tutti. Appare, da questo, evidente che gli autori dell'appunto (sul quale torneremo più dettagliatamente in seguito) conoscevano già le modalità d'innesco e, quindi, probabilmente, gli stessi autori degli attentati.
D'Ambrosio, dopo accurate indagini, il 19/01/1974 "... giudicava l'appunto Sid una notizia confidenziale riferibile alla fonte Serpieri con esclusivo riferimento all'alibi di Merlino ..." e "...reputava pertanto processualmente inutilzzabile tutta la restante parte dell'appunto non riferibile alla fonte Serpieri ... " . Questi, sommariamente, i fatti obbiettivi fino allora noti. In seguito si scopriranno ben altre verità e verranno svelate trame e manovre tese ad indirizzare i sospetti per la strage di Piazza Fontana verso ambienti e persone assolutamente estranei a quella criminale impresa. Come vedremo nei prossimi articoli.
Il 21 aprile del 1974, un movimento delle Forze Armate conquistò il potere in Portogallo abbattendo, con un fulmineo complotto, Caetano che aveva assunto la responsabilità del governo dopo la morte del Presidente Salazar. L'avvenimento sarà conosciuto come il "golpe de los claveles". Il nuovo governo militare, tra i primi provvedimenti, decise di costituire una "Commissione per lo smantellamento del fascismo". A dirigerla fu chiamato l'ufficiale di marina Costa Garcia, uomo di fiducia del neo-generale leninista De Carvalho, a sua volta nominato capo dei servizi segreti (De Carvalho, agli imzi degli anni '80, sarà incarcerato per atti di terrorismo). Nel maggio del 1974, gli ufficiali rivoltosi irruppero neglI uffici dell'Aginter Press di Guerin Serac che, intanto, aveva abbandonato il Portogallo per riparare in Spagna. Negli ambienti frequentati da rifugiati politici di differente nazionalità, incontrò Delle Chiaie, anche lui esule in terra iberica. Gli archivi dell' Aginter, sequestrati dagli uomini di De Carvalho, furono affidati alla "Commissione per lo smantellamento del fascismo". Nell'ottobre del 1974, questa Commissione permise agli inviati del settimanale L'Europeo, Incerti, Ottolenghi e Raffaeli, di visionare e fotografare i documenti dell'agenzia "smantellata ".
I tre giornalisti pubblicarono un servizio affermando di aver trovato, tra i corrrispondenti dell' Aginter Press, i nomi di alcuni italiani (ma non quello di Delle Chiaie) ed uno scritto anonimo, titolato "la nostra azione politica". Del quale, chiarirono, si erano occupati di tradurre in italiano il testo originariamente in francese. Il contenuto del documento anonimo era chiaramente farneticante e si sovrapponeva, in modo sospetto, proprio a quelle tesi sulla strategia della tensione divulgate, in quel periodo, dall'antifascismo italico. Esso, infatti, diceva che era necessario cominciare col minare l' economia dello Stato per arrivare a creare la confusione in tutta la struttura legale; insisteva sulla distruzione delle strutture dello Stato "mascherata come azione dei comunisti e dei filocinesi"; parlava di infiltrazione, di pressioni psicologiche e di propaganda "massiccia ed intelligente". Non va sottovalutato che il documento in questione risultava, come già ricordato, anonimo e non era riconducibile a nessun altra corrispondenza presente nell'archivio di Aginter Press. Ed era stato dato, sempre a detta di Ottolenghi e compagni, "brevi manu" da appartenti alla "Commissione per lo smantellamento del fascismo" e non trasmesso per canali ufficiali alle autorità italiane.
Perché, dunque, escludere l'ipotesi che fosse stato "costruito" proprio dalla stessa Commissione che, incaricata di "smantellare" il fascismo in Portogallo, non poteva che condividere gli interessi di chi, in Italia, perseguiva il medesimo scopo? Non era già apparso, nel dicembre 1969, sul The Observator di Londra, un altro documento simile, poi dimostratosi falso? Una cosa, comunque, è certa: quel documento non aveva nulla a che vedere con Delle Chiaie ed Avanguardia Nazionale. E, per essere anonimo, non poteva avere un utilizzo giudiziario. Anche la sentenza del 1981 concluse, sulla questione, in tal senso.
Inoltre, già prima dI questo "ritrovamento", gli approfondimenti del giudice istruttore di Milano avevano permesso di acquisire elementi che indicavano l'agenzia di stampa come fiancheggiatrice del gruppo politico Ordre et Tradition. Aveva anche, quel magistrato che discolpò Delle Chiaie ed AvanguardIa Nazionale, individuato le caratteristiche e le attività dell' Aginter. Con nota del 10/12/1973 e con il rapporto 224-29851 del 20/12/1973, la direzione generale di pubblica sicurezza aveva informato l'inquirente che: Ordre e Tradition era stato costituito a Lisbona da elementi portoghesi e stranieri residenti in Portogallo; il gruppo si proponeva una "lotta attiva contro il comunismo internazionale"; tra gli esponenti risultavano Guy De Costera e Guerin Serac; l'azione dell'organizzazione si svolgeva in tre distinte direzioni: scambiava informazioni giornalistiche con qualsiasi formazione straniera di tendenza anticomunista; raccoglieva informazioni sulla penetrazione comunista; agiva con l'azione armata, affidata ad una organizzazione militare clandestina, denominata "Presenza Occidentale", nata a Joannesburg ed impIegata per proteggere la presenza bianca in Africa. Il rapporto del 20/12/1973 accennava anche ad un viaggio di Serac in Italia nel 1967 ed ai suoi incontri con cittadini italiani.
Dunque, in sostanza, nulla aveva aggiunto la spedizione del giornalisti dell 'Europeo a quello che il giudice Istruttore dI Milano gia conosceva. Malgrado tutto questo, passa qualche anno ed ecco nuovamente ripescati argomenti in precedenza ampiamente trattati.
Come si dice, in mancanza di meglio ci si attacca a tutto. Ed è quello che fa il giudice Istruttore di Catanzaro, dottor Le Donne, con l'aiuto dell' avvocato Azzariti Bova, gIà appartenente a Democrazia Nazionale (gruppo scissosi dal MSI Destra Nazionale tra il '78-79). Costui, l'1/10/1981, presentava formare denuncia con la quale si chiedeva espressamente che si procedesse contro Delle Chiaie. Prendeva, così, l'avvio la quarta istruttoria (la seconda del giudice istruttore di Catanzaro) per i fatti di Piazza Fontana. Uno degli obbiettivi principali di questa istruttoria fu proprio quello di ricercare la prova di un collegamento, prima del settanta, tra Serac e Delle Chiaie, partendo, contro ogni norma del diritto, anche da quel documento anonimo. Il 6/03/1982, il giudice Istruttore richiedeva alle competenti autorità portoghesi di voler trasmettere quei documenti dell' Aginter Press, da cui potessero risultare rapporti tra Guerin Serac e Stefano Delle Chiaie e tra Ordre e Tradition ed i movimenti politici dell'estrema destra italiana. Il 04/11/1983, nei locali della polizia giudiziaria portoghese, fu sentito il comandante Costa Correira, al quale era passato in custodia il materiale d'archivio appartenente a Guerin Serac. Il 13/02/1984, la Commissione di soppressione dell'ex Pide (sigla, questa, del servizio segreto al tempo di Salazar) trasmetteva 19 fotocopie di documenti (senza il famoso "anonimo") ed una nota con la quale il succitato Organismo comunicava che "nell'archivio dell'agenzia di stampa non era stato trovato nulla che comprovasse un collegamento con Delle Chiaie ed Avanguardia Nazionale".
Quindi, né gli inviati dell'Europeo né i responsabili della Commissione antifascista portoghese avevano potuto indicare un qualsiasi pur minimo elemento che stabilisse una verità diversa da quella dichiarata da Delle Chiaie.
Ma le risultanze contrarie non bastarono per scoraggiare l'accusa. Il giudice istruttore Le Donne non rinunciò a riproporre, nella Sentenza Ordinanza di rinvio a giudizio, la figura del Serac ed il testo del documento anonimo, arrivando al punto di spiegare questa decisione con l'insinuazione di una scarsa collaborazione da parte delle autorità portoghesi. Sottacendo che quella Commissione, che in Sentenza evitava di citare con la sua completa dicitura, era stata incaricata di "smantellare iÌ fascismo". E, pertanto, se avesse posseduto un solo indizio contro Delle Chiaie non avrebbe certo trascurato di comunicarlo. Nella stessa Sentenza Ordinanza, poi, veniva utilizzato un altro anonimo escluso, in quanto tale, dalle precedenti Sentenze: quella velina del 16/12/1969, corretta il 17 /12/1969 e della quale, malgrado numerosissime ricerche, non si riuscirà mai ad individuarne l'autore o gli autori. Queste le premesse dalle quali prendeva l'avvio, il 26/10/1987, l'ultimo processo per i fatti di Piazza Fontana.
Come si sa (Publicondor 14/96), il 27/11/73, il maggiore Ruggero Placidi aveva consegnato, al Giudice Istruttore Gerardo D'Ambrosio, due appunti in possesso del Sid, uno con data 16/12/69 e l'altro del 17/12/69. Il Sid, dopo prolungata e pervicace reticenza, comunicò che il rapporto era stato steso dal maresciallo Tanzilli che, a sua volta, aveva ricevuto le informazioni da Stefano Serpieri, vecchio attivista del Msi poi passato in Ordine Nuovo ed approdato, infine, ad Europa Civiltà. L'appunto del 16/12/69, considerato l'originale, diceva: "Il nostro fiduciario in occasione di un incontro avuto la sera del 16/12/69 ha, in particolare, riferito che: - l'esecutore materiale degli attentati dinamitardi a Roma dovrebbe essere il noto Merlino Mario, attualmente fermato dalla Questura di Roma. Costui probabilmente riesce a difendersi dalle accuse mossegli dalla Questura in quanto quei funzionari non sono a conoscenza di alcuni particolari determinanti quali, in particolare, il luogo ove egli trovavasi all'ora degli scontri (in Questura ha detto che si trovava a passeggio mentre al nostro fiduciario ha detto che si trovava con Stefano Delle Chiaie. Il nostro fiduciario, invece, sa che il Delle Chiaie si trovava in altro luogo e non in compagnia del Merlino).
- Il Merlino ha dichiarato che conosce bene il sottopassaggio della Banca del Lavoro ed il padre è amico del direttore della Banca dell' Agricoltura di Milano;
- Gli attentati hanno certamente un certo collegamento con quelli organizzati a Parigi nel 1968 e la mente e l'organizzatore di essi dovrebbe essere certo Y. Guerin Serac, cittadino tedesco, il quale: risiede a Lisbona ove dirige l'agenzia "Ager Interpress"; viaggia spesso in aereo e viene in Italia attraverso la Svizzera; è anarchico, ma a Lisbona non è nota la sua ideologia; ha come aiutante certo Leroy Roberto, residente a Parigi - BP 55-83- La Seyne sur mer; a Roma ha contatti col predetto Stefano Delle Chiaie; ha i seguenti connotati: anni 40 circa, altezza metri 1,78 circa, biondo, snello, parla tedesco e francese; è certamente in rapporti con la Rappresentanza diplomatica della Cina comunista a Berna; lo Stefano Delle Chiaie dovrebbe aver avuto gli ordini per gli attentati dal Serac ed avrebbe disposto che la esecuzione fosse effettuata dal Merlino. Questi, infatti, prima militava nel Msi come il Delle Chiaie poi, sotto copertura, fu infiltrato nel gruppo dei filo-cinesi divenendone, infine, il capo e costituendo il gruppo "22 marzo" con sede, sembra, in via dei Coronari. Successivamente il Delle Chiaie è stato espulso dal Msi per il suo carattere oltranzista ed il Merlino ha, via via, assunto vere idee filo-cinesi. Di qui il collegamento Merlino-Delle Chiaie il quale ultimo con gli attentati intende colpire i gruppi filo-cinesi; il gruppo filo-cinese di Roma ha stretti colllegamenti con l'analogo gruppo di Carrara; il Merlino, per incarico del Delle Chiaie, dovrebbe essere l'esecutore materiale dell'attentato contro la Legione CC "Lazio"; gli attentati all' Altare della Patria sono stati compiuti per puro caso: gli ordigni erano diretti alle banche della zona, ma essendo l'attentatore giunto quando queste avevano chiuso i portoni ed essendo ormai il congegno ad orologeria avviato, per disfarsene, sono stati posti sull' Altare della Patria. L'ordigno esploso presso la banca di Milano non era diretto al pubblico ma avrebbe dovuto esplodere quando la banca era chiusa. Per errore nel congegno ad orologeria lo scoppio sarebbe stato anticipato; prossimamennte non è improbabile che simili attentati vengano effettuati presso Grandi Magazzini."
Lo scrivente, alla fine, raccomandava il massimo segreto sull'identità della fonte. Soltanto la necessità di una compilazione improvvisa ed urgente puo spiegare le numerose ed evidentI inesatttezze nelle quali cade chi, come compito primario, aveva proprio quello di essere ben informato.
Dal testo, infatti, emerge con tutta evidenza una serie di notizie fasulle su fatti, all'epoca, noti anche al più sprovveduto dei giornalisti. Si dice che Merlino era stato infiltrato nel gruppo del filocinesi, ne era divenuto il capo fondando il "22 marzo", anch'esso filo-cinese e, mentre Merlino diventava un "vero cinese", Delle Chiaie era espulso dal Msi. Questo nel 1969. Quando tutti già sapevano che Delle Chiaie non era mai stato espulso da quel Movimento, ma ne era uscito volontariamente con la corrente di Ordine Nuovo molti anni prima, nel 1956. Cosi' come era arcinota la presenza di Merlino nel "22 marzo" e la natura anarchica di questo gruppo, avendo proprio Merlino poco tempo prima rilasciato in proposito un'intervista ad un settimanale.
E non è tutto. L'informatIva sostiene che il collegamento tra Delle Chiaie e Merlino era nato proprio dalla circostanza che il primo era stato cacciato dal Msi "per il suo carattere oltranzista" ed il secondo aveva "via via assunto vere idee filo-cinesi". E questo spiegava perché Delle Chiaie, espulso dal Msi, ma sempre fascista, avesse incaricato Merlino, prima infiltrato e poi "vero cinese", di fare gli attentati per colpire il gruppo filo-cinese di Roma del quale il capo era lo stesso Merlino. La obbligata contorsione del periodo appena formulato, corrisponde solamente in parte a quella usata dall'ideatore della tesi, il cui nesso logico ci appare ancora oggi arduo comprendere. E fu, probabilmente, l' essersi resi conto della difficoltà a rendere plausibile una simile e assurda articolazione del pensiero, oltre alla constatazione di aver riferito falsi facilmente riscontrabili come tali, ad indurre il "regista" di quella disinformazione, a correggere il "ragionamento". Ed ecco stilato l'appunto del 17/12/69 (il giorno dopo) che cosi' modificava: " ... Merlino. Questi, infatti, prima militava nel Msi come il Delle Chiaie, poi, sotto copertura, fu infiltrato dapprima nel gruppo dei filo-cinesi (divenendone, infine, il capo), costituendo poi il gruppo anarchico "22 marzo". Il Delle Chiaie fu espulso dal MSI per il suo carattere oltranzista ed Il Merlino è ora su posizioni anarcoidi. Merlino e Delle Chiaie avrebbero commesso gli attentati nella speranza che la responsabilità ricadesse su altri movimenti politici. Il gruppo anarchico di Roma è in stretto collegamento con l'analogo gruppo di Carrara ... ".
Come è facile. notare, salvo un primo accenno, la collocazione filo-cinese di Merlino si trasforma in quella anarchica. Tutto diviene anarchico: Il "22 marzo", Il gruppo dI Roma, quello di Carrara. Merlino, non più "vero cinese", è un "generico anarcoide". Delle Chiaie non è più espulso "successivamente" e gli attentati non sono piu per colpire il gruppo filo-cinese, bensi' "altri movimenti". Anche la indicazione del congegno ad orologeria, presente nell' appunto del 16, scompare in quello del 17. Il "regista", in questo caso, deve aver temuto che quel particolare troppo preciso, sfuggito all'estensore ed ancora non emerso dalle indagini in corso, potesse far capire che i servizi conoscevano perfettamente la meccanica degli attentati e, perciò, la vera identità degli autori della strage.
Infatti, dopo aver preso visione delle due copie, il G.I. di Catanzaro, nella sua Ordinanza del 31/07/1986, cosi' si esprime: "... chi disponeva di notizie cosi' precise sugli attentati, era anche a conoscenza dell'identità dei loro autori e, nel momento in cui ne attribuiva la responsabilità a determinati gruppi e persone, o affermava il vero o serviva il disegno dei responsabili di indicare agli inquirenti false tracce da seguire ... ". Gli aggiustamenti apportati, in sostanza, stanno a dimostrare che la velina nacque a tavolino. Se essa, infatti, fosse stata realmente frutto di una fonte, doveva essere trasmessa con il testo originale, perché anche le eventuali inesattezze potevano contribuire a darle o meno credibilità. Invece fu corretta ed adattata agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria. La verità è che fu affidato a qualcuno l'incarico di confezionare la velina utilizzando, come dimostreremo, notizie già nell'archIvio dei servizi. Questo qualcuno, però, commise errori di logica e di collage ed ecco, allora, l'intervento del "regista" per fornire maggiore verosimiglianza ad una informativa che, tra l'altro, sarebbe passata al vaglio degli organi di polizia giudiziarla ai quali doveva esseere recapitata. Come, in effetti, avvenne.
Nel corso dell'ultImo giudizio è risultato, infatti, che il testo del 17/12 fu immediatamente trasmesso al colonnello Alferano, Comandante del Nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri, ed al dottor Provenza, capo dell'Ufficio politico della Questura. Smentendo, anche in questo caso, quanti nel tempo, riferendosi unicamente alla notizia della consegna, nel 1973, dell'appunto a D'Ambrosio, erano andati vigliaccamente speculando che quella velina era stata tenuta segreta. Addirittura per proteggere que1li che, invece, erano state vittime di un cinico depistaggio, pensato ed attuato per confondere le indagini e coprire i veri responsabili. Cosi' come la Sentenza del 20/02/89 riconosce: " ... L'unica certezza conseguita è che, se depistaggio vi fu, esso non fu certo favorevole al giudicabile (Delle Chiaie n.d.r.) direttamente indicato come mandante della strage e segnalato, a pochissimi giorni dal fatto, alle competenti autorità di polizia giudiziaria per le opportune verifiche. La prova che non esiste depistaggio delle indagini a favore dell'imputato, si desume agevolmente dall' immediata consegna dell' appunto 17/12/69 al colonnello Alferano ed al dottor Provenza, come risulta dall' annotazione apposta sul documento. Esiste anche controprova della immediata delazione delle notizie agli organi di P.G. Nel corso dell'interrogatorio reso il 19/12/69 dal Delle Chiaie alla presenza di ufficiale dei carabinieri e di funzionari di polizia, subito dopo il fermo di p.g. all'inquisito vennero contestate anche la conoscenza degli stranieri indicati nell' appunto ".
Noi aggiungiamo che l'interrogatorio fu girato ai giudici delle indagini e furono commesse, come si constaterà, altre irregolarità da parte di quegli uomini dei servizi che controllavano, con "scrupolo" ed assiduità, che la deviazione programmata non fosse disturbata.
Nel precedente articolo (PubliCondor 18/96) sono state enumerate le inesattezze più evidenti contenute nell'oramai famoso appunto del 16/12/69. Ne abbiamo riportato il testo integrale annotando le "strane" correzioni apparse nella copia del 17/12/69, a poco meno di ventiquattr'ore di distanza.
Si e anche accennato alla trasmissione dI quest'ultimo testo ai magistrati inquirenti ed alle polizie giudiziarie. Ed è su questo ultimo punto che, qui di seguito, ci soffermeremo. Per dimostrare quale sciacallaggio fu compiuto per anni da alcuni pennivendoli, disinformati o prezzolati, che andarono speculando su presunte "protezioni" godute dai personaggi citati in quell'infame "velina" dei servizi. Menzogna ripetuta recentemente da un ottuso neo-accusatore che insiste nel volere ignorare quanto, già nel 1974, stabilì il Giudice Istruttore D'Ambrosio considerandola "processualmente inattendibile".
Numerose prove attestano che l'appunto del 17/12/69 fu immediatamente messo a conoscenza delle autorità di PG e dei magistrati Cudillo ed Occorsio, incaricati, all'epoca, dell'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana. In un groviglio di bugie e di manovre intossicanti. Per addentrarci nei meandri dell'imbroglio dobbiamo ripercorrere alcuni eventi che precedettero la sua ideazione. Chiedendo venia per qualche immancabile, ma necessaria ripetizione.
L'undici dicembre del 1969, Delle Chiaie incontrò Merlino. Con lui stabilì un appuntamento, per il pomeriggio del giorno successivo, nel proprio domicilio di via Tuscolana 552. Il caso volle che Delle Chiaie mancasse all'impegno per attardarsi a discutere in via Catania con un amico regista, Gian Maria Russo. Merlino si recò all'appartamento di via Tuscolana, attese qualche tempo toccando il pianoforte e, infine, se ne andò. Quella sera stessa, insieme a molti altri, Merlino fu fermato dagli uomini dell'Ufficio politico.
Il 13/12, verso le 13,30, Serpieri si vide con Delle Chiaie alla Casina Fiorita di Piazza Bologna. Raccontò di essere stato fermato dalla polizia (soltanto molto dopo si saprà che, invece, era stato "invitato" dal commissario Improta per collaborare), disse che Merlino, incontrato in Questura, mandava a dire di non parlare del mancato appuntamento del 12 perché certo di chiarire rapidamente la sua posizione. La cosa non piacque a Delle Chiaie che si consultò con l'avvocato Franco Mariani e con i familiari di Merlino. Tutti si dissero d'accordo con la richiesta di quest'ultimo. Delle Chiaie si mostrò esitante. Serpieri, dinnanzi alle sue perplessità, gli consigliò di attendere sette giorni, il periodo massimo consentito per il fermo di polizia. Delle Chiaie aderi' a quest'ultima soluzione. Sarà lo stesso Serpieri, nel suo interrogatorio del 16/11/1988, davanti alla Corte d'Appello di Catanzaro, a confermarlo: "Incontrai Delle Chiaie al massimo la domenica successiva. E' vero che in quei giorni Delle Chiaie esprimeva a me ed agli altri il suo dubbio se andare o meno in questura a rivelare che Merlino era stato a casa sua". Nello stesso periodo, Delle Chiaie ed alcuni camerati iniziarono le indagini per individuare la matrice della strage. E' sempre il Serpieri, dopo anni di silenzio, ad ammetterlo in un confronto con Delle Chiaie nella già citata udienza: " ... In quel periodo Delle Chiaie si fece promotore di una specie d'inchiesta per conoscere la verità ... ".
Mentre si susseguivano queste vicende, qualcuno "costruiva" la velina inviandola, nella versione corretta del 17/12, ai carabinieri ed all'Ufficio politico. La decisione fu una lucida mossa nell'ambito della strategia deviante dei servizi. Il Sid, infatti, per legge non poteva indagare direttamente sulle notizie ricevute, ma doveva informare gli organi competenti. Cosa che fece, trasmettendo un cumulo di disinformazioni che avevano l'obbiettivo di confondere le idee, da una parte per coprire i reali responsabili della strage e dall' altra per inficiare l'alibi di Merlino e rafforzare, cosi', la pista anarchica.
L'unica esigenza del Sid era quella di non rivelare il nome della supposta fonte di quelle notizie. Perche solo cosi' era possibile far credere alla sua esistenza e dare una sufficiente credibilita' all'informativa.
Quanto affermiamo trova riscontro nella corrispondenza interna all'organo di Stato. In una comunicazione del 5/05/1970, non destinata ad essere conosciuta all'esterno del servizi, questo disegno si delinea con chiarezza: " Con riferimento all'appunto datato 29 aprile u.s., si avverte la necessita' di porre in evidenza come l'aver riferito, il 17/12/1969, al Nucleo Cc. PG. di Roma notizie fiduciarie relative alle probabili responsabilità dei noti Merlino Mario e Delle Chiaie Stefano nell'attentato dinamitardo verificatosi nella Capitale il precedente 12 dicembre, ha determinato l'intervento del magistrato che avrebbe voluto assumere a verbale dipendente uffIciale dei Carabinieri onde far risultare negli atti processuali l'origine ed il contenuto delle notizie fiduciarie medesime, nonché fare emergere la precostituzione di un alibi da parte del citato Merlino.*Come noto, nel corso dello svolgimento degli specifici compiti di controspionaggio, della sicurezza e della polizia militare, gli organi dell'Arma del servizio vengono, talvolta, a conoscenza di reati comuni costituenti pretta materia d'indagine da parte dei normali organi di PG ... ".
Lo stesso orientamento si evince da un' altra relazione di circolazione interna: " ... Il Sid, secondo anche quanto comunicato in prosieguo all' Autorità giudiziaria, dall'allora suo capo, ammiraglio Eugenio Henke, non ha svolto indagini in ordine al contenuto dell'appunto, poiché ha sempre ritenuto che a tanto avrebbero dovuto attendere, nel contesto generale delle indagini e nelle loro normali attribuzioni, i già menzionati organi di P.G.. Infatti, il Sid si era premurato di fornire il suo ausilio di carattere informativo istituzionale ... ". Come si può apprezzare, i depistatori fanno attenzione all'aspetto formalmente legale per meglio realizzare il piano prestabilito. E secondo la norma passano la mano a chi ha la competenza per indagare.
Il Nucleo dI PG agli ordini del Ten. Col. Pio Alfarano, ricevuto l'appunto, fermava Delle Chiaie il 19/12. Interrogato dal capitano Valentini, alla presenza di agenti dell'Ufficio politico romano, Delle Chiaie, ignorando che Merlino nel frattempo aveva rivelato l'appuntamento di via Tuscolana, si attenne, secondo un codice all'epoca normalissimo in ogni ambito di militanza politica, alla versione riferitagli dal Serpieri. Smentendo, cosi', involontariamente l'amico. Ad una domanda su Serac e Leroy, Delle Chiaie non rispose. Rilasciato, apprese del mandato di cattura emesso nei confronti di Mario Merlino. Decise, allora, di sottoporsi nuovamente a interrogatorio per ristabilire la verità dei fatti. Telefonò al Nucleo dei Carabinieri, ma il capitano Valentini rispose che non poteva ascoltarlo prima del lunedì successivo. Il giorno 22 Delle Chiaie confermò l'alibi di Merlino.
E qui inizia un'altra sequela di bugie e di depistaggi. In un rapporto del 03/01/1970, a firma del Ten. Col. Caciuttolo, si legge: " ... La questura orientatasi anch'essa verso gli ambienti anarchici aveva proceduto, nel quadro generico iniziale delle indagini, al fermo di Merlino Mario ed altri; Stefano Delle Chiaie si era reso irreperibile ... Venivano svolti quindi numerosi servizi di osservazione, protrattisi per un giorno ed una notte, sino a quando il Nucleo di PG dei CC, su nostra indicazione circa la reperibilità del Delle Chiaie, fermava quest'ultimo, dandone comunicazione al magistrato che richiedeva a detto Nucleo di rivolgere la specifica domanda per chiarire se Merlino erasi recato in via Tuscolana per far visita alla gia citata Minetti e a Delle Chiaie. Stefano Delle Chiaie e la donna, però, a verbale negavano la circostanza ... ".
Lo scenario del Delle Chiaie che fugge è completato da un'altra frase contenuta in un appunto trovato il 19/02/1975: " ... Per quanto noto, il comandante del Nucleo di PG provvedeva, conseguentemente, all'interrogatorio del nominato Stefano Delle Chiaie che, rilasciato, si rendeva irreperibile".
Dunque, secondo quanto scritto, Delle Chiaie, dopo gli attentati, fugge e si nasconde; dopo numerosi servizi di osservazione viene fermato, interrogato, e rilasciato si rende irreperibile.
Si completa, così, il quadro di sospetto su Merlino, sull'alìbi, su Delle Chiaie.
Vedremo, invece, quale la verità che soltanto dopo anni verrà alla luce.
A pochi giorni dalla strage, come risulta dai passaggi estrapolati dal voluminoso carteggio del Sid, alcuni ufficiali dei servizi agirono per far credere, ai giudici ed alla Polizia giudiziaria, che l'alibi di Merlino era stato precostituito con la complicità di Delle Chiaie il quale, a sua volta, si era nascosto rendendosi irreperibile.
La smentita di questo falso arriverà diciannove anni dopo. Nell 'udienza del 16/11/1988, Serpieri dichiara: " ... Fui io ad accompagnare Delle Chiaie nella casa dove poi fu preso ... Fui io a rivelare a quelli del Sid il luogo dove Delle Chiaie si trovava ... ". Dal telex 36556 del 19/12/1969, anche questo destinato alla sola visione interna, si apprende che:
- il giorno 18/12 Delle Chiaie si trovava in via Tuscolana 552, dove abitava;
- che il fiduciario (alias Serpieri n.d.r.) lo incontra in detto domicilio e riferisce ai servizi che Delle Chiaie "asseriva non essere implicato in note azioni dinamitarde";
- che seguiva la posizione del Merlino;
- che stamane (il 19/12, mattina del fermo n.d.r. ) si sarebbe dovuto recare presso lo studio legale dell'avvocato Mariani Franco in via Sardegna 29.
I servizi, insomma, sapevano benissimo che Delle Chiaie non era né fuggito né era irreperibile.
Sapevano anche che si sarebbe recato dall'avvocato Franco Mariani per definire, come già accordato, le modalità per rendere testimonianza sull'appuntamento del 12 dicembre.
Ma non è tutto. Occultarono ai magistrati persino il successivo interrogatorio di Delle Chiaie, quello del 22, ripetendo che si era reso "irreperibile". In una relazione interna del 29/04/1970, si afferma, infatti, che:
"Alle ore 8,10 del 20 dicembre 1969 il Ten. Col. Alfarano informò telefonicamente questo R/G che, avendo informato il dottor Occorsio del contenuto dell' informazione ricevuta dal servizio, era stato richiesto dal magistrato, che già aveva interrogato in carcere il Merlino, di contestare al Delle Chiaie la circostanza della visita dì Merlino a casa della Minetti, di interrogare in merito anche la Minetti. L'ufficiale concluse la sua comunicazione telefonica, affermando che sia Delle Chiaie che Minetti avevano negato la circostanza della visita di Merlino. Successivamente il Ten. Col. Alfarano nulla più riferì, specie in ordine alla deposizione del figlio della Minetti, favorevole al Merlino, e all'atteggiamento vago, se non di ritrattazione della negativa da parte del Delle Chiaie e della Minetti ... ".
Va rilevato, per inciso, che mai fu contestato al Delle Chiaie l'appuntamento del 12/12, ma soltanto quali rapporti intrattenesse con il Merlino. Così come la ritrattazione non fu vaga, ma precisa e dettagliata. ìl verbale del 22/12 lo attesta.
Altri due documenti, sempre non destinati ad essere divulgati "fuori dal giro", confermano che i magistrati inquirenti, Cudillo ed Occorsio, vennero a conoscenza dell'appunto del 17/12/1969 e che la unica preoccupazione del Sid fu quella di mantenere il più possibIle segreta una "fonte" che non esisteva.
Nel primo dell' 11/06/1970, inviato dal Ten. Col. Pio Alfarano al Rus di Roma, si legge:
" ... In data 29 maggio u.s. il giudice della VII Sezione Istruttoria del Tribunale di Roma, dottor Ernesto Cudillo, presente il Sostituto Procuratore della Repubblica dottor Vittorio Occorsio, ha convocato lo scrivente (Ten. Col. Pio Alfarano n.d.r.) ed il cap. Valentini Francesco (che aveva raccolto le dichiarazioni di Delle Chiaie nell'interrogatorio del 19 e del 22 dicembre n.d.r.) per sentirli in ordine agli accertamenti condotti da questo Nucleo di PG a seguito degli attentati dinamitardi indicati in oggetto. In particolare, i prefati magistrati hanno chiesto di conoscere quali indagini erano state condotte immediatamente dopo i fatti criminosi in parola, e specificatamente in ordine al controllo dell' alibi fornito dall' imputato Merlino Mario al Sostituto Procuratore della Repubblica in sede di contestazione. Prima di iniziare la verbalizzazione delle deposizioni, i citati magistrati hanno detto che il ten. Col. Giorgio Genovesi, nei giorni precedenti, ha riferito loro (ai giudici n.d.r. ) di avere a suo tempo fornito a questo Nucleo notizie avute in via confidenziale circa gli attentati ed in ordine all'alibi del predetto Merlino, notizie che dovevano essere controllate e sfruttate in funzione della loro attendibilità. Dopo questa premessa, il Giudice Istruttore ed il Sostituto Procuratore avrebbero voluto che il sottoscritto ed il Cap. Valentini dichiarassero a verbale di avere ricevuto notizie da ufficiale del servizio dato che quest'ultimo - hanno precisato - non ha inteso rivelare l'identità della propria fonte informativa per non pregiudicare altri accertamenti in corso.
Poiché le risultanze delle indagini condotte da questo Nucleo sono state riferite alla Procura della Repubblica di Roma con rapporto del 22/12/69 nel quale non traspare nella maniera più assoluta alcuna partecipazione di codesto servizio, sia pure sul piano informativo, e ciò anche per espressa specifica richiesta dI codesto Comandante e dello stesso Ten. Col. Genovesi, i due ufficiali si sono dichiarati disposti a deporre sulle notizie acquisite dal Nucleo nel corso delle indagini, mentre si sono rifiutati dI affermare a verbale di avere avuto le dette notizie da elementi del Sid, e ciò allo scopo di evitare di esporre il servizio nel corso del processo che sara celebrato in Corte d Assise. I due magistrati hanno. fatto presente che convocheranno nuovamente il sottoscritto ed Il cap. Valentini nei prossimi giorni. Cio' premesso, si prega di voler far conoscere con cortese urgenza, se nel corso della ulteriore convocazione si potra o meno far riferimento ai contatti avuti con codesto Comandante e con il Ten. Col. Genovesi e confermare quanto il predetto ufficiale ha verbalmente riferito ai magistrati".
Nel secondo, del 19/02/1975, un rapporto per il Caposervizio che riassume l'iter della "velina", tra l'altro è detto: "... Di quanto appreso, giudicando la materia dI rilevante ed inedito interesse per gli organi inquirenti sull'evento delittuoso, veniva compilato un appunto recapitato, nella serata del giorno 17 dicembre 1969, all' Ufficio politico della citata questura, nella persona del dirigente dotttor Bonaventura Provenza, e comunicato verbalmente al Com.te del Nucleo CC di PG, Ten. Col. Pio Alfarano, cui successivamente veniva trasmessa anche copia scritta di tale appunto ... Per quanto noto, il Com.te del Nucleo di PG provvedeva, conseguentemente, all'interrogatorio del nominato Stefano Delle Chiaie che, rilasciato, si rendeva irreperibile ... In data 16 aprile e 22 maggio 1970, il Ten. Col. Giorgio Genovesi, convocato dal GI di Roma dottor Cudillo, assistito dal dottor Occorsio, confermando integralmente la sostanza dell'informazione ricevuta ed il testo dell'appunto consegnato si rifiutava - anche alla presenza del CapO dell'Ufficio Istruzione dottor Galluccli- di rivelare l'identità della fonte, avvalendosi della facoltà concessagli dal disposto dell'art. 349 cpp. Passata la materia giudiziaria al Tribunale Civile e Penale di Milano, il Ten. Col. Genovesi era, in data 1 dicembre 1973 e 23 gennaio 1974, nuovamente citato da quel Giudice Istruttore dottor D'Ambrosio, alla presenza - nell'Ufficio del PM - dei giudici Alessandrini e Fiasconaro.
In tali circostanze, il magistrato invitava l'ufficiale a rivelare l'identità della fonte poiché riteneva che la notizia in questione provenisse, invece, dal giornalista Guido Giannettini, indicato da Ventura Giovanni - Imputato per sovversione di estrema destra - quale fonte del Sid a conoscenza puntuale di ogni preordinazione eversiva. Il Ten. Col. Genovesi, dichiarando di non aver mai conosciuto il Giannettini, escludeva che egli fosse la fonte in argomento di cui rifiutava ancora l'indicazione dell'identità.
Nel frattempo si era verificato un enorme risalto di stampa con tante e tali illazioni e distorsioni della verità, che i superiori livelli del Sid hanno sollecitato il Ten. Col. Genovesi, il capitano Santoni ed il maresciallo Tanzilli, citati per il 28 febbraio 1974, a rivelare la fonte. Aderendo a tale sollecitazione, basata sulla convinzione che ciò riuscisse utile a chiarire una situazione divenuta oltremodo intrigata, detti appartenenti all' Arma comunicavano, in detta data, al Giudice Istruttore D'Ambrosio, che la fonte era Stefano Serpieri ... Il tutto veniva raccolto a verbale dal magistrato, il quale nei suoi interrogatori, esprimeva meraviglia per il fatto che i giudici romani non l'avevano informato di conoscere l'esistenza del noto allegato appunto sin dall'aprile 1970 e di non trovare al riguardo alcun verbale nel fascicolo processuale. Il Col. Genovesi chiariva, allora, che la magistratura romana non aveva verbalizzato per la negativa del teste in forza dell'articolo 349 cpp, dato che l'atto sarebbe stato, alla luce della norma, inficiato di nullità ... ".
A questo punto, non riteniamo di dover continuare a tediare il lettore con altri particolari. La narrazione, fin qui fatta, è sufficiente per capire che i servizi non tennero segreto l'appunto, ma lo fecero circolare per pregiudicare la situazione dei personaggi in esso citati.
Una trama studiata e diretta nell'ombra e che nell'ombra doveva, nelle intenzioni, restare. Fu solamente la puntigliosa pressione del GI D'Ambrosio ed il timore che la fonte potesse essere individuata in Giannettini a trascinarla allo scoperto. Permettendo di scoprire i numerosi atti illegali compiuti e la valanga di falsificazioni effettuate. Una strategia diabolica che doveva invalidare l'alibi di Merlino e dirottare i sospetti verso ambienti e persone estranee alla strage.
Un depistaggio che per anni ha steso un velo protettivo sugli autori di quella strage di potere e che ancora oggi, pare, non manchi di sostenitori "al di sopra di ogni sospetto".
Perche? Cui prodest?
In questa parte della ricostruzione, vedremo, seppur per brevi cenni, che l'appunto del 16/12/1969, fu sottoposto a più verifiche, risultando, puntualmente, deviante nel contenuto e misterioso nell'origine. Sappiamo che fu il maggiore Ruggero Placidi a dare, al giudice D'Ambrosio, le due copie dell'informativa (PubliCondor 14/96). In quell'occasione, precisò anche che le notizie erano state raccolte dal maresciallo Tanzilli e dal capitano Santoni. A seguito di ciò, il giudice milanese ascoltò immediatamente Tanzilli, Santoni ed il col. Genovesi. I tre personaggi si rifiutarono di rivelare la fonte in quanto sprovvisti di un'espressa autorizzazione del caposervizio del Sid.
Questa prima convocazione provocò un'evidente fibrillazione nei vertici dell'organismo di Stato. In uno degli appunti sequestrato al generale Maletti, si legge:" Questione Santoni - Tanzilli: si mette in modo pericoloso ".
Ed aveva ragione. L' 11 febbraio 1974, D'Ambrosio invia precise richieste al capo del Sid: "Ai fini della prosecuzione dell'istruttoria del procedimento penale in oggetto, La prego di far pervenire, al più presto, al mio ufficio, i seguenti documenti:
1) Primo appunto redatto dal maresciallo Tanzilli, sulla confidenza ricevuta in ordine agli attentati del 12/12/1969;
2) Appunto redatto dal cap. Santoni Mario successivamente al colloquio avuto con la fonte confidenziale unitamente al maresciallo Tanzilli;
3) Appunto trasmesso dal dottor Ceraolo al col. Cacciuttolo.
Colgo l'occasione per rinnovarle la richiesta di rivelare l'identità della fonte che forni' la notizia confidenziale in parola".
Il 23/02/1974, il capo servizio risponde:
" 1) Agli atti non risulta l'esistenza di appunti compilati dal cap. Santoni e dal maresciallo Tanzilli.
2) Agli atti risulta l'esistenza di un appunto datato 16/12/1969 compilato dal maggiore CC Antonio Ceraolo (deceduto), sulla base del quale il ten. col. Genovesi ha redatto la nota Informativa destinata alla Questura-Ufficio politico ed al Nucleo Carabinieri di PG ... ".
Dunque, già nel '74, l'appunto autografo di Tanzilli era sparito. Non solo, si "scaricò" su un "defunto" la iniziale compilazione di quello del 16/12, definito l'originale. I servizi compresero che la scomparsa di quel documento non sarebbe stata facilmente digenta dal magistrato inquirente e, per attenuare la gravità del fatto, decisero di offrire in cambio il nome della fonte. Infatti, la stesssa lettera del 23/02/1974 così conclude:
" Per quanto attiene alla rivelazione della identità della persona che ha fornito le notizie, il ten. col. Genovesi ed il cap. Santoni hanno dichiarato che non intendono continuare ad avvalersi della facoltà concessa dall articolo 349 cpp ... (che consentiva Il segreto sull'informatore n.d.r.)".
Il 28 febbraio furono ascoltati nuovamente Tanzilli, Santoni e Genovesi che rivelarono l'identità della fonte. Santoni e Tanzilli, però, dichiararono che la prima parte dell' appunto (quella relativa all'alibi di Merlino) proveniva dal Serpieri, non sapendo indicare l'origine della restante parte (quella sui contatti con Serac, Leroy e l Aginter Press). Serpieri, dal canto suo, ammetteva di aver incontrato più volte Tanzilli, ma asseriva dì essersi limitato a promettere il suo interessamento per attingere informazioni senza mai aver inteso addebitare ad alcuno la responsabilità degi attentati. I successivi accertamenti confermarono che il Tanzilli aveva presentato un appunto piuttosto breve, scomparso dagli archivi del Sid. Circostanza, questa, spiegabile solo se si pensa che il suo ritrovamento sarebbe stata la prova del falso commesso.
Nel marzo del 1974 D'Ambrosio, alla ricerca puntigliosa degli autori di quella misteriosa velina, dispose una indagine per individuare la macchina per scrivere utilizzata per battere l'appunto. La risposta arriverà il 15/05/1974: " ... malgrado il massimo impegno posto, il tentativo di stabilire con quale macchina da scrivere fu battuto l'appunnto in argomento e' rimasto infruttuoso ... ". Dopo il GI D'Ambrosio, trasferita 1'inchiesta a Catanzaro, fu il GI Migliaccio a cercare di comprendere quale intreccio fosse stato ordito a monte del famigerato appunto.
Il risultato non fu diverso. Migliaccio, alla fine, letteralmente affermò: "le forze eversive responsabili degli attentati erano rappresentate in seno al Sid ".
Il mistero della velina resistera a tutti i processi per la strage.
Anche l'ultima istruttoria di Catanzaro, quella che porterà Delle Chiaie a giudizio, tenterà l'impresa di chiarire. Furono ascoltati, per la prima volta, il maresciallo Tallarico (dello stesso ufficio ai Tanzilli) che dichiarò di non aver mai visto l'appunto e che l'impostazione dello stesso non corrispondeva a quelli compilati dall'ufficio. Lo stesso riferì il maresciallo Renato Fodero, dattilografo. II maresciallo Santoni affermò che gli appunti del 16 e del 17 non potevano provenire dal CS3 (reparto di Tanzilli) per la diversità di stile, di impostazione e di caratteri tipogralici. Il sottufficiale Tonolo, scrivano presso il CS 1 (ufficio del col. Genovesi), escluse che l'appunto del 16 potesse essere stato compilato dal CS 1. Il maresciallo Loiodice nego' di aver dattilografato l'appunto.
L'omertà sui reali ispiratori dell'appunto perdurò anche nel corso dell'ultimo processo per la strage, quello dell'87-89. Anche se apparirà definitivamente chiaro che fu studiato e redatto con il preciso obbiettivo di deviare le indagini.
Leggiamo cosa dichiararono, alla Corte di Assise di Catanzaro, alcuni degli attori di questa incredibile storia. Udienza del 3/11/1988, Giovanni Marocco superiore, all' epoca, del maresciallo Tanzilli:
" ... Tanzilli mi disse che in vista di una deposizione all' AG il col. Genovesi gli esibì il documento dicendogli che innanzi al giudice avrebbe dovuto confermare che il contenuto del documento corrispondeva a quanto aveva appreso dalla fonte. Tanzilli mi disse, invece, che il contenuto del documento non corrispondeva alle Informazioni, anzi che quel documento non era quello che egli aveva redatto ... La seconda parte conteneva delle informazioni delle quali era ignaro ... dissi a Genovesi che avrei consigliato il sottufficiale a rendere testimonianza secondo la sua coscienza ".
Udienza del 7/11/1988, cap. Mario Santoni: " posso precisare che Genovesi convocò sia a me che Tanzilli, non ricordo se insieme. A me, esibì due pagine che io lessi e mi disse: «ricordi le notizie della fonte? Potrai benissimo confermare tali notizie». lo rilevai che quanto era scritto in quei fogli corrispondeva solo in parte e precisamente nella parte iniziale a quanto aveva detto Serpleri. Posso dire che vi era una quasi totale difformità ... Non ebbi esitazione a dire a Genovesi che non potevo confermare ... ".
Udienza dell' 8/11/1988, col. Cacciuttolo: " ... Tanzilli non parlò di stranieri né di agenzie di stampa ... il Tanzilli non aveva alcun appunto. Ebbi le successive notizie per iscritto solo nella tarda mattinata del 16 ... ".
Il col. Cacciuttolo, già dal 13 aprile 1978, aveva riconosciuto che nell'appunto vi erano notizie nuove rispetto a quelle che Tanzilli aveva riferito verbalmente e, precisamente, quelle contenute dal dodicesimo rigo in poi. Ma è lo stesso col. Genovesi, che per tanti anni aveva insistito sulla tesi del Serpieri-fonte, a smentire se stesso nel tentativo dI allinearsi, anche se con titubanza, ad una verità oramai evidente. Nell'udienza dell'8/11/1988 dice:
" ... Il 13 Santoni mi portò un appunto di una mezza facciata che conteneva notizie di una fonte di Tanzilli. Si parlava di Merlino come esecutore, Delle Chiaie come mandante, di un'amicizia del padre di Merlino ed il direttore della Banca Nazionale del Lavoro, della conoscenza di Merlino del sottopassaggio della Banca e dell'alibi che Merlino avrebbe dato se messo alle strette e, cioè, di essere stato con Delle Chiaie a passeggio in altra parte. Non si parlava di stranieri ... ".
I fatti che abbiamo documentato dimostrano che l'appunto fu pensato e stilato da persone rimaste, almeno ufficialmente, ignote.
Ma, allora, da dove vennero le tante notizie trasfuse nell' appunto del 16/12 e corrette in quello del 17/12? Anche a questa domanda, la risposta e' negli atti giudizlari. E' quello che riscontreremo nel prossimo articolo.
Nelle ultime puntate ci siamo dilungati sul famoso appunto del 16 dicembre 1969. Dimostrando che il documento, a tutt'oggi anonimo, fu trasmesso immediatamente alle autorità competenti per le indagini, contrariamente a quanto sostenuto dai "disinformati". Il tassello mancante, per concludere definitivamente questo capitolo, sta però nello stabilire da dove furono "pescate" quelle notizie che resero possibile il suo assemblaggio.
Per scoprirlo la via migliore è quella di operare una sorta di autopsia sull'intero testo.
Il 9/07/1970, a richiesta dei magistrati, il Sid comunicò, con nota a firma dell' Ammiraglio Eugenio Henke, quanto segue:
" ... Qualche giorno dopo i noti attentati di Roma e Milano, una fonte - operante in altro settore di interesse del servizio - sulla cui identità non è possibile fornire indicazioni ai sensi dell' articolo 349 c.p.p., rivelò occasionalmente di aver appreso che Mario Merlino avrebbe inteso dichiarare, se interrogato, che il pomeriggio del 12/12/1969 stava effettuando una lunga passeggiata e, se messo alle strette, avrebbe affermato di essere stato quel pomeriggio in compagnia dI Stefano Delle Chiaie ... ".
Questa risposta del capo del Sid ai magistrati ricalcava quasi fedelmente quanto scritto nelle prime undici righe della velina del 16/12/1969. Ma quando, il 28/02/1974, D'Ambrosio otterrà il nome della fonte (Publicondor 25/96), altri ufficiali del servizio sosterranno che, oltre quella, anche tutte le altre informazioni riportate nell' appunto erano state date dalla stessa persona, Stefano Serpieri, che le aveva riferite al maresciallo Tanzilli, avendole apprese direttamente da Mario Merlino durante il comune fermo in Questura, la sera del 12/12/1969. Serpieri e Tanzilli negheranno questa versione, convergendo nell' ammettere di aver parlato unicamente dell'alibi del Merlino. Ed è pacifico che solo questo Merlino ebbe modo di confidare al Serpieri. Perché nulla di più potevano dirsi i due nell'incontro durante il fermo in Questura. E questo perché quell'incontro, mai fatto conoscere dagli inquirenti nella sua reale dimensione fisica e temporale, non poteva consentire un colloquio piu' articolato e, soprattutto, riservato.
E' Merlino stesso a ricordarlo: " Ore 20: suonano alla porta. Sono tre agenti dell'Ufficio Politico... Per un confronto, dicono. Dico a mia madre di tenermi in caldo la minestra che torno subito...Nel cortile della Questura, sulla macchina di Improta verso via del Governo Vecchio (locale del 22 marzo n.d.r.). A piazza Venezia commentano del "botto" che ci è stato e ridono del fuggi fuggi dei passannti ... Sceneggiata sulle scale che portano allo scantinato, sede del 22 marzo. Pistole alla mano - scendi tu per primo che se sparano ti beccano - rompono il lucchetto del cancello; un foglietto indica che per le chiavi basta rivolgersi ad Emilio Bagnoli ... Torniamo in Questura, interno dell'Ufficio Politico. Un corridoio, dove si affacciano varie stanze ed una rientranza con tavolo al centro e divani e sedie ai tre lati. C'è già Andrea (l'agente Ippolito infiltrato nel 22 marzo per conto dell'Ufficio Politico n.d.r.)... Mi chiede se so qualcosa. Arriva Stefano Serpìeri; si siede di fronte. Passo da lui per farmi accendere la sigaretta. Anche a lui confermo che non so nulla ed aggiungo: che fregatura, oggi pomeriggio stavo a casa di Stefano (Delle Chiaie n.d.r.) ed aggiungo di avvertirlo, se esce prima di me, con quanto già noto (passeggiata e se messo alle strette...). Serpieri viene chiamato e portato via; arrivano molti altri fermati, compagni e camerati. Inizia l'attesa"
Quindi, Merlino non fu ristretto in una cella con il Serpieri, ma dispose di pochi attimi, il tempo di una breve frase pronunciata alla presenza di quello che credeva il compagno Andrea, ma che, invece, era il poliziotto Ippolito investito della missione di ascoltare e spiare.
Senza contare che Merlino si trovò, inconsapevolmente, stretto in una vera e propria tenaglia-trappola: il Serpieri fascista-siderino-poliziotto e l'Ippolito anarchico-poliziotto che avevano proprio il compito di sondarlo sulla strage.
Ed i due "collaboratori di giustizia", che conoscevano i rispettivi ruoli, non avevano alcun motivo di nascondare l'uno all'altro quanto eventualmente appreso dal Merlino. Ed Ippolito non avallerà mai la tesi accusatoria. E, come abbiamo già visto, nemmeno Serpieri. Serpieri resta, perciò, la "fonte" soltanto di quella parte della velina che tratta l'alibi.
Ed il resto? Il resto è un collage costruito a tavolino, utilizzando informazioni già in possesso degli organi di polizia e finalizzato a deviare i sospetti verso persone estranee al delitto. Per confondere le indagini e proteggere i responsabili. La prima prova ci viene dalla lettura delle numerose note a disposizione degli organismi dello Stato già dagli anni precedenti alla strage. Proprio in esse si possono riscontrare, punto per punto, tutti i dati che riguardano Serac e Leroy.
Vediamole una per una trascurando la loro sequenza cronologica, per seguire piuttosto l'ordine in cui vennero riciclate nella velina del 16/12/1969 (consigliamo di tenere a portata di mano il testo integrale pubblicato in Publicondor 18/96):
- Nota del 23 giugno 1967 - Oggetto: Ordre e Tradition ( movimento internazionale di estrema destra con sede a Lisbona). Si parla dell' agenzia Aginter Press con sede a Lisbona, Rua Das Pracas 13/cd, diretta da " tale Guerin Serac, di circa 45 anni ".
- Nota del 14 aprile 1969 - Oggetto: Movimento Ordre e Tradition. Si comunica che Serac si "recherebbe spesso in Svizzera" .
- Nota del 20/03/1966 - Viene fatto sapere che Robert Leroy è in contatto con l'ambasciata di Cina a Berna e che è domiciliato alla Seyne sur Mer.
(nella falsa velina del 16 dicembre, il manipolatore, evidentemente scarso in geografia, invece di collocare la Seyne sur Mer sulla costa francese, ne faceva un quartiere di Parigi).
Va sottolineato che sia il Guerin Serac che Robert Leroy erano sotto stretto controllo della polizia italiana, come confermano le note del Ministero dell Interno del 5/12/1967, del 27/12/1967, 7/02/1968, 28/02/1968. Pertanto ogni loro movimento veniva attentamente seguito.
Fin qui quello che si riferisce agli stranieri.
La falsa velina del 16/12/1969 parlava poi del gruppo filocinese di Roma in stretto collegamento con l'analogo gruppo di Carrara e preannunciava attentati presso i Grandi Magazzini. Per la prima questione è stato lo stesso colonnello Genovesi, nel corso dell'udienza del 18/11/1988, a datare la relativa informazione. L'ufficiale ha dichiarato:
" ... Penso che Serpieri aveva dato in precedenza notizie sugli attentati alle pompe di benzina, non ricordo in che anno ... ".
L'anno è il 1968 (un anno prima della strage!) e gli attentati sono quelli di cui abbiamo trattato in Publicondor 9/96. In riferimento agli attentati ai Grandi Magazzini è il dottor Improta, il 6/10/1975, a svelare la "fonte" al giudice Istruttore Migliaccio: " ... La notizia che attentati sarebbero stati probabilmente commessi presso Grandi Magazzini circolava a Roma e a Milano già prima del 12/12/1969; si diceva che gli attentati sarebbero stati commessi nel periodo natalizio ... ".
Ma non solo, anche l'ipotesi degli attentati alle banche invece che all' Altare della Patria, fu chiarita dal funzionario nello stesso interrogatorio:
" ... Subito dopo gli attentati, fra le varie ipotesi di lavoro che furono fatte, fu anche quellla che gli attentati potessero avere solo scopo dimostrativo nel senso che si ipotizzò anche che gli attentatori non volessero fare vittime e che solo per qualche errore di valutazione degli orari delle banche i congegni collocati provocarono dei morti. Fu fatta anche l'ipotesi che gli ordigni esplosi all'Altare della Patria fossero in realtà destinati a banche della zona e che, essendo state trovate queste già chiuse, gli attentatori avessero pensato di collocarle appunto all' Altare della Patria. Tali considerazioni furono fatte non solo da me, ma anche da altri dipendenti della Questura con avvocati, con fermati, con testi e con altre persone ... ".
Se si eliminano dalla velina tutte quelle notizie che, come abbiamo documentato, erano già in possesso degli estensori della falsa informativa, non rimane che l'alibi di Merlino. Esattamente quanto trasmesso ai magistrati dal Direttore dei servizi il 9/07/1970. Le prime undici righe dell' appunto, quelle indicate dal maresciallo Tanzilli e dal capitano Santoni come riassunto dell'unica confidenza ricevuta dal Serpieri (Publicondor 25/96).
Il resto non è che una diabolica macchinazione, criminale e spregiudicata, di chi era sicuro, in ogni caso, di non doverne rispondere. Mai!
Proprio come chi, oggi, vorrebbe riproporla.
INTERVISTA A STEFANO DELLE CHIAIE (Diario di un cronista - Terrorismo nero di Sergio Zavoli. 2001)
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(Puoi leggere anche) DOMMERGUE! "Nessun popolo nella storia è stato mai visto gemere ancora sulle sue perdite 50 anni dopo una guerra, neanche sulle sue perdite effettive e reali." Roger Dommergue http://ablocutioii.blogspot.com/2015/01/dommergue-l-ebreo-revisionista-roger.html

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Adlocutio romana (arco di Costantino)

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