martedì 20 gennaio 2015

KOCH! Pietro Koch e il Reparto Speciale di Polizia Repubblicana

Opera, 25 novembre 2008
II 6 giugno 1945, a Forte Bravetta, a Roma, il tenente Pietro Koch, comandante di un reparto speciale di polizia della Repubblica sociale italiana, si avvia alla fucilazione con una sigaretta in bocca e aggiustandosi la riga dei pantaloni. Pochi giorni prima, aveva dichiarato ad un giornalista: “lo ero e sono convinto, per quanto la considerassi già persa, che la mia causa fosse giusta; dovevo agire contro le organizzazioni clandestine, non mi pento di aver combattuto”. “lo e mia moglie”, tuona Valerio Fioravanti con accanto Francesca Mambro, dinanzi alle telecamere della televisione di Stato, “siamo due criminali recuperati alla società”. Definizione giusta, veritiera, quella che il Fioravanti e la mogliettina danno di sé stessi e che riesce a dare, fisicamente, l’immagine dell’abisso che separa il fascismo ed i fascisti dal “neo-fascismo” post-bellico e dai suoi militanti.
(...)Non c’è – è inutile cercarlo – neo-fascista post-bellico di apparato (di Stato) e di servizio (segreto), che non sia uscito dal carcere in ginocchio e piangendo, in un’orgia di pentimenti, ravvedimenti, rimorsi, dolore per le vittime, volontà di fare del bene per rimediare al male compiuto ecc. ecc …

Vincenzo Vinciguerra
Pietro Koch (Benevento, 18 agosto 1918 – Roma, 5 giugno 1945) è stato un poliziotto e criminale italiano.
Nella primavera del 1943 fu chiamato alle armi nel 2º reggimento Granatieri, ma dopo lo sbandamento nazionale si spostò a Firenze e si iscrisse al Partito Fascista Repubblicano ed entrò nel "Reparto Speciale di Sicurezza" di Mario Carità. Si mise subito in evidenza con la cattura del colonnello Marino, già aiutante del generale di corpo d'armata Mario Caracciolo di Feroleto, l'ex comandante della V Armata che aveva tentato la difesa di Firenze. Caracciolo, uno dei pochi generali che si erano opposti ai tedeschi, si era rifugiato a Roma presso il convento vaticano di San Sebastiano, sotto tutela di Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
Il capitano delle SS di via Tasso,autorizzò Koch a violare il territorio Vaticano, così la sua banda, attraverso uno stratagemma e l'appoggio esterno delle SS, riuscì ad arrestare il generale. Le SS, dopo averlo schedato lo lasciarono a Koch che lo trasferì a Firenze presso la sede della cosiddetta Banda Carità. Il risultato di questa azione gli permise di avere le autorizzazioni dal capo della Polizia della RSI di Salò, Tullio Tamburini, per costituirsi un suo reparto speciale.
Una volta costituita la squadra speciale, che prese la denominazione ufficiale di "Reparto Speciale di Polizia Repubblicana", si aggregarono anche diversi elementi della Banda Carità fino ad arrivare a circa una settantina di unità tra i quali anche dei sacerdoti.
La formazione ottenne alcuni rapidi e clamorosi successi con irruzioni e perquisizioni nelle sedi della Chiesa.
Tra gennaio e maggio 1944 la banda decimò le file degli antifascisti di Roma, tra i quali ben 23 esponenti del Partito d'Azione, che subì la pressione maggiore, di cui 21 furono fucilati alle Fosse Ardeatine. Koch ha arruolato i suoi sgherri e li ha sistemati alla pensione Oltremare, poi e' passato in un' altra pensione, la Jaccarino di via Romagna. Gli piacciono questi ambienti dell' ospitalita' piccolo borghese, dove si da' meno nell' occhio che nei grandi alberghi. Nelle cantine avvengono gli interrogatori e nella notte chi sfida il coprifuoco e passa di la' ode le urla e i gemiti degli arrestati torturati perche' facciano i nomi degli amici. Koch e' specializzato nella caccia ai membri del Partito d' azione e ai comunisti, tra gli altri "pesci" grossi catturati c' e' Luchino Visconti, salvato grazie all' amicizia di Maria Denis con il bel tenente, pronto a rilasciare il regista in omaggio alla diva. Non gli riesce, invece, di arrestare Bontempelli, preda ambita, perche' lo scrittore gia' fascistissimo e accademico d' Italia ora e' passato alla Resistenza (nel dopoguerra diventera' parlamentare comunista). Nella banda l' avvocato Trinca Armati e' il capo del cosiddetto ufficio legale, il vicecomandante si chiama Armando Tela, un italoargentino con una piccola industria in Toscana. Sono in tutto una sessantina, con tanto di segreteria, ufficio investigativo, autodrappello, ufficio disciplina, armeria, sorveglianza prigionieri. Un apparato per mascherare da polizia legale quello che e' invece uno strumento di arbitri per operazioni persecutorie, tra l' altro alle dipendenze della Sicherheitsdienst tedesca piu' che della polizia repubblichina. Non mancano due preti, don Pasquino Perfetti e padre Epaminonda Troya, gia' vice parroco di Santa Trinita a Firenze, e una schiera di donne, Lina Zini, Anna Saracini, Camilla Giorgatti, Teresa Ledonne, Anna Chiavini, Giulia Ferrini, Annapaola Marchetti, Maria Rivera e, perfino, una soubrette in quei mesi sull' onda del successo a Milano, Daisy Marchi, amica del ministro della Real Casa Acquarone, e amante en titre del capobanda. Koch e la banda restano a Roma fino all' arrivo degli alleati, poi risalgono a Nord, prima a Firenze e poi a Milano, la citta' dei loro lugubri fasti. Scelgono una casa di via Paolo Uccello, a San Siro, la famosa Villa Triste, incubo di tanti che vi finirono e ne uscirono distrutti nel fisico; Koch, ora, ha un nuovo protettore a cui far capo: il capitano SS Saewecke che ha sede all' albergo Regina, l' uomo che arrestera' Parri. Deve segnalarsi presso di lui e lo fa catturando antifascisti di spicco, strappando confessioni, denunciando simpatizzanti della Resistenza, soprattutto infierendo sui suoi prigionieri, nelle camere di tortura dai muri macchiati di sangue. Lui assiste, distaccato e sprezzante: lui che in quegli anni di miseria e di bisogni elementari inappagati veste con cappotti di cammello, scarpe inglesi, morbide sciarpe di mohair, tra un perenne effluvio di colonia. Racconta una delle sue vittime: "Viene portato nella stanza un telaio di legno sormontato da una striscia pure di legno larga circa 30 centimetri e lunga un metro, che recava sei file di chiodi ben appuntiti e lunghi. Denudato, mi si appoggia con le spalle su quella specie di "corde da lana" e, incrociate sul petto le braccia, mi si passa sul davanti un' asta piatta di ferro che faceva cerniera sul lato del telaio e che, agganciata sul lato sinistro, mi comprimeva dolorosamente sulla striscia chiodata. Eccitati... mi schiaffeggiavano, mi strappavano i baffi, mi tiravano le ciglia... Sangue e carne restavano attaccati sulle punte acuminate dei chiodi". La banda usa la corrente elettrica, i prigionieri vengono rinchiusi in celle alte solo un metro e venti, distesi a terra, in preda a crisi nervose. Gli sgherri di Koch li frustano, accendono fiammiferi piantati sotto le unghie dei piedi, schiacciano i genitali, colpiscono le reni con sacchetti di sabbia, fanno bere bicchieri di petrolio, riempiono di sale la bocca di infelici morenti di sete. Le "segretarie" assistono e spesso sono loro a spogliare le vittime e a infierire sui corpi nudi. La leggenda racconta che Valenti portasse la sua amante, la diva Luisa Ferida, ad assistere per sadismo a quelle scene e lei godesse delle urla e delle sofferenze, ma e' provato che non e' vero, i due attori andavano a Villa Triste soltanto per affari di cocaina. E si capisce: occorre qualcosa di forte, di eccitante per reggere il ritmo della crudelta' . Il "dottor" Koch si mostra distaccato da quegli spettacoli nefandi, addirittura pietoso con le vittime sanguinanti. Fa capire che vorrebbe sospendere, curarli, ma perche' non confessare, perche' rimanere in mano a quei bruti da cui finge di prendere le distanze? Cosi' alla ferocia si aggiunge l' irrisione: perche' se i torturati cedono e cominciano a parlare, Koch esce con il suo sorriso da calendario di barbiere e sui vinti piombano le scudisciate dei carnefici.
A Firenze vive il suo grande amore, la bella sedicenne Tamara Cerri. Qui avviene la svolta del suo destino: a Firenze sente dire che la ragazza e' stata arrestata e con lei anche sua madre, forse la prigionia delle due persone che gli sono piu' care lo indurra' a presentarsi. Lo fa, senza esitazioni. Va in Questura e al primo agente incontrato dice: "Sono io quello che cercate, sono Pietro Koch". La sua vita in cambio della liberta' di sua madre e della sua donna. Lo portano a Roma e il processo dura soltanto tre giorni. Si comporta con indifferenza. Non respinge le accuse. Ascolta con un lieve tremito delle labbra la condanna a morte mediante fucilazione. In cella scrive molte lettere, poi si confessa devotamente a un prete venuto su sua richiesta e riceve un giornalista concedendogli una vera e propria intervista in articulo mortis. Si mostra freddo, gia' distaccato dalle cose del mondo. Lo fucilano il cinque giugno 1945, alle 14.21 d' una torrida giornata di sole accecante, al Forte Bravetta. Veste un abito chiaro, la camicia aperta sul collo della giacca, la pettinatura impeccabile. Siede con mossa rapida sulla sedia, lo legano e una macchina da presa gira la scena dell' esecuzione. Regia di Luchino Visconti. Pochi giorni dopo gli italiani vedranno i fucili puntati, gli spari e la calotta cranica di Koch saltar via come strappata dal vento a ricadere lontano, sull' erba secca del prato.
Alcuni componenti della banda furono giustiziati nei giorni successivi al 25 aprile, gli altri furono in maggioranza condannati a pene detentive e ritornarono in libertà nei primi anni cinquanta.
DEPOSIZIONE DI KOCH DURANTE IL PROCESSO
Per sevizia si intende, passando al campo pratico, la estirpazione delle unghie, la infissione di spilli tra le unghie e il polpastretto, lo stringere dei ferri attorno alle caviglie o alle estremità usare in definitiva quei mezzi che la voce popolare chiama ‘Interrogatori del III grado americano’.
Da che sono esistite le Polizie, non si è mai saputo che per fare parlare un detenuto si sia usato offrire al medesimo sigarette e dolciumi, o fare opera di francescana persuasione; ma dalla adozione di un mezzo più forte al campo delle sevizie c’è un mare di distanza, sia come interpretazione letteraria della penale della legge, sia come effetti materiali dei danni ricevuti.
Nel caso specifico poi, si tratta di delitti politici e pertanto in una giusta misura, va tenuto presente la passione che può animare le persone che inquisiscono.
Ci riferiamo alla passione che può animare uno squadrista di fede (che forse ha già versato parte del suo sangue per la Patria, che forse, profugo dell’Italia invasa, ha lasciato la sua famiglia e la sua casa, che forse ha perduto qualche parente in questa guerra, che forse ha avuto qualche famigliare ucciso o effettivamente seviziato dai fuori legge) quando si trova di fronta e ad un suo nemico, uno di quelli che hanno tradito il 25 luglio o l’8 settembre e che oggi, con la sua azione delittuosa, è partecipe e complice delle in cui versa la nostra povera patria.
E forse questo squadrista anonimo è uno dei tanti che forma il nucleo centrale del Reparto (...).
Mi è impossibile non notare, o passare sotto il silenzio quei fatti materiali che dimostrano troppo palesemente come con un cumulo di artifici, con una continua e farsesca ridda di menzogne si voglia d ogni costo colpire uomini che hanno dato alla causa Fascista tutto quanto potevano forti solo della loro idealità.
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WIKIPEDIA PIETRO KOCH: http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Koch
PRIMO VIDEO (LINK): Violenza nera: lo spietato Pietro Koch http://www.vimeo.com/82446457
SECONDO VIDEO: La Repubblica Sociale Italiana - Vita quotidiana a Salò 7 - GNR, Brigate Nere, Banda Koch
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(Puoi leggere anche) BOMBACCI! Nicola Bombacci (Civitella di Romagna, 24 ottobre 1879 - Dongo, 28 aprile 1945) http://ablocutioii.blogspot.com/2015/01/bombacci-nicola-bombacci-civitella-di.html

1 commento:

Maxmode ha detto...

La calotta cranica se non erro volò a Pietro Caruso e non a Koch,ovviamente per imprecisione dei carabinieri... Maxmode

Adlocutio romana (arco di Costantino)

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